IL CONSIGLIO DI STATO Sezione Prima Nell'Adunanza di Sezione del 12 marzo 2014 ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal signor Gianluca Greganti, nato il 30 settembre 1967 a Montemarciano ed ivi residente, per l'annullamento dell'ordinanza 23 gennaio 2012 n. 172 prot. n. 14-17-000468, comunicatagli il 30 gennaio 2012, con la quale il presidente dell'Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni Private e d'Interesse Collettivo (ISVAP) gli ha irrogato la sanzione amministrativa di 108.029,60 euro. La Sezione vista la relazione trasmessa con nota 25 luglio 2013 prot. DICA 0016013 P-4.8.1.5, con la quale la Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per il coordinamento amministrativo, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso; Visto il ricorso, datato 19 maggio 2012; Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Adolfo Metro. Premesso Al signor Greganti, subagente per la zona di Montemarciano della societa' assicuratrice Assi France di Senigallia, con il provvedimento sopra indicato, emesso a seguito di procedimento disciplinare, e' stata irrogata la sanzione pecuniaria sopra indicata (108.000 euro oltre le spese di notificazione), ottenuta comulando il minimo edittale di 1000 euro per ciascuna delle centootto violazioni al disposto degli articoli 117 (obbligo di separazione patrimoniale, ossia di versare i premi assicurativi su apposito conto) e 183 (obbligo di correttezza) del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209, contenente il "Codice delle assicurazioni private". Il Servizio di vigilanza, ufficio al quale compete di riferire sui fatti accertati, aveva ritenuto accoglibile l'istanza d'archiviazione del procedimento sanzionatorio, considerato che il comportamento non aveva causato danni ai clienti e ritenendo sufficiente l'avvenuta cancellazione, per radiazione, del signor Greganti dal registro degl'intermediari assicurativi. In breve, egli praticava ai clienti sconti anche superiori alle provvigioni spettantigli, ometteva di versare i premi sul conto separato e compensava lo sconto applicato con parte dei premi di polizze aventi scadenza successiva, e cosi' aveva finito per accumulare un debito verso l'assicuratore di oltre 42.000 euro, pari all'importo dei premi non incassati. Con il ricorso in esame impugna il provvedimento, nel quale si possono individuare censure, non articolate, riassumibili come segue. 1) Era pendente un procedimento penale per appropriazione indebita del quale aveva ricevuto avviso dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Ancona. 2) Il provvedimento non tiene conto del parere d'archiviazione reso dal Servizio di vigilanza. 3) L'importo di 42.687,08 euro, indicato come somma dei premi incassati e non versati, non corrisponde al vero, perche' detta somma rappresenta invece soltanto l'importo degli sconti praticati. 4) Gli e' stata applicata una sanzione «di ben 108.000 euro, vale a dire 1.000 euro per ciascuna delle 108 irregolarita', rilevate, anche se tutte rientranti in un paio di fattispecie» (pag. 6 del ricorso). L'ISVAP ha prodotto un'ampia relazione, confutanto analiticamente le doglianze; in particolare sostiene, citando sentenze del giudice amministrativo, che «la giurisprudenza ... e' ormai ferma nel ritenere inapplicabile dinanzi ad una molteplicita' di condotte illecite il cumulo giuridico delle sanzioni». Considerato Il primo motivo e' generico e inconferente: anche a intenderlo, come fa il Ministero nella relazione, come censura di violazione all'art. 326, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2005, tale disposizione recita che «Limitatamente alle violazioni di cui agli articoli 148 e 149 e fermo quanto previsto ai commi 2 e 3» (pagamento della sanzione in misura ridotta), «la procedura puo' essere sospesa dall'ISVAP fino a novanta giorni qualora l'impresa dimostri che sono in corso accertamenti dovuti ad un fondato sospetto di frode»; e prevede una semplice facolta' dell'ISVAP di sospendere la procedura, oltretutto in casi diversi da quello che ne occupa. Il secondo motivo e' infondato, perche' l'art. 5 del regolamento dell'ISVAP n. 1 del 2006 prevede che il Servizio per le sanzioni possa concludere diversamente dal Servizio di vigilanza, e il provvedimento impugnato ha considerato anche le conclusioni del Servizio di vigilanza. Parimenti infondato e' il terzo motivo: il ricorrente, il quale non nega i fatti, dice che all'importo di 42.000 euro che l'assicuratore doveva ancora riscuotere, accertato alla data della verifica, andavano sottratti 15.000 euro, che «lo stesso giorno avrei comunque versato». Con il quarto motivo il ricorrente si duole, in sostanza, della mancata applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni: cosi' il motivo e' stato inteso nella relazione ministeriale, e del resto il provvedimento motiva la determinazione della sanzione complessiva applicando il cumulo materiale delle sanzioni; e in ogni caso la doglianza sull'eccessivita' della pena comporta l'esame delle regole sulla sua determinazione. L'art. 8 della legge 24 novembre 1981 n. 689 sulle sanzioni amministrative, contenente "Modifiche al sistema penale", ha introdotto nel sistema sanzionatorio amministrativo il cumulo giuridico corrispondente a quello previsto per le pene dall'art. 81 del codice penale, ossia il concorso formale al primo comma, e successivamente, al secondo comma, la continuazione, in particolare disponendo «(I) ... chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette piu' violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione piu' grave, aumentata sino al triplo. (II) Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, piu' violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie», e percio' limita la continuazione, e il conseguente cumulo giuridico delle pene, alle sole violazioni di leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie (vedasi, in propostito la sentenza 21 giugno 2010 n. 19659, citata nella relazione ministeriale e che richiama la costante giurisprudenza d'inapplicabilita' del "concorso materiale" fuori del caso predetto). La Sezione dubita della legittimita' costituzionale della predetta limitazione («in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie»), con riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. La questione e' rilevante, sia per l'infondatezza delle tre censure assorbenti rispetto al quarto motivo - con le quali il ricorrente chiede l'annullamento dell'intero provvedimento, sia perche' la continuazione nell'illecito e' espressamente affermata nella motivazione del provvedimento, laddove si dice che «e' stato messo in atto un meccanismo di sconto sui premi della clientela, per poter acquisire il maggior numero di polizze e non perdere quelle esistenti», sia infine perche' l'applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni previsto dal secondo comma dell'art. 8 della legge n. 689 del 1981 comportebbe una sanzione complessiva massima inferiore a quella irrogata (sanzione massima per ciascuna violazione 10.000 euro, aumentati fino al triplo 30.000 euro, ulteriormente raddoppiabili in presenza delle aggravanti, peraltro non contestate, della particolare gravita' o della ripetizione dell'illecito; art. 324 del decreto legislativo citato). Circa la non manifesta infondatezza della questione, valgono le osservazioni seguenti. Gl'istituti del cumulo giuridico e dell'assorbimento delle sanzioni in determinati casi di concorso di illeciti, cioe' di piu' violazioni della legge penale da parte della stessa persona, hanno origine, appunto, nel sistema penale. Il codice penale del 1889, dopo aver posto con gli artt. da 67 a 77 le regole per l'applicazione cumulativa delle pene nel caso di concorso di condanne, prevede all'art. 78 il corso formale: «colui che con un medesimo fatto viola diverse disposizioni di legge»; e con l'art. 79 la continuazione, o concorso materiale di reati collegati da un unico fine: «Piu' violazioni della stessa disposizione di legge, anche se commesse in tempi diversi, con atti esecutivi della medesima risoluzione, si considerano come un solo reato», prevedendo per il concorso formale il sistema dell'assorbimento, cioe' dell'applicazione della sola pena piu' grave tra quelle stabilite dalla legge per i diversi reati, e per la continuazione il sistema del cumulo giuridico delle sanzioni, ossia dell'aumento della pena con una quota o per un multiplo; nella specie, da un terzo alla meta'. Il codice penale vigente, emanato con regio decreto 19 ottobre 1930 n. 1398, nell'intento di rafforzare la repressione dei reati, per il concorso formale ha eliminato l'assorbimento disponendo il cumulo materiale delle pene secondo le normali regole, e ha inasprito il cumulo giuridico per il reato continuato. Recitava l'art. 81 «Piu' violazioni di una o di diverse disposizioni di legge con una o piu' azioni. Reato continuato: «(I) chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni di legge o commette piu' violazioni della medesima disposizione di legge e' punito a norma degli articoli precedenti. (II) Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano a chi, con piu' azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette, anche in tempi diversi, piu' violazioni della medesima disposizione di legge, anche se di diversa gravita'. (III) In tal caso le diverse violazioni si considerano come un solo reato e si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la piu' grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo». Infine l'art. 8 del decreto-legge 1° aprile 1974 n. 99 convertito nella legge 7 giugno 1974 n. 220 ha sostituito il testo dell'art. 81 del codice penale con quello vigente, prevedendo il sistema del cumulo giuridico sia per il concorso formale sia per la continuazione ed estendendo quest'ulmima al caso di piu' violazioni di diverse disposizioni di legge: «Concorso formale. Reato continuato. (I) E' punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione piu' grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette piu' violazioni della medesima disposizione di legge (II). Alla stessa pena soggiace chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi piu' violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge. (III) Nei casi preveduti da quest'articolo, la pena non puo' essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti». Va da se' che la finalita' delle disposizioni trascritte e' quella di non pervenire a pene complessive spropositate quando la pluralita' di reati consiste pur sempre in una medesima azione od omissione, in un medesimo fatto secondo la terminologia del 1889 (concorso formale), o in una condotta, o comportamento, diretta a un unico fine (continuazione). Quando il legislatore ha messo mano, con quella che sarebbe divenuta la legge n. 689 del 1981, alla disciplina generale degl'illeciti amministrativi, il disegno di legge 339 approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 18 settembre 1980 all'art. 6, intitolato «Piu' violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative», prevedeva soltanto il concorso formale: «Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette piu' violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione piu' grave, aumentata sino al triplo». Il testo fu soppresso dal Senato (testo trasmesso alla Camera il 17 giugno 1981) essendo stato, a quanto si legge nel resoconto della seduta della IV commissione della Camera del 22 luglio 1981, ritenuto superfluo perche' la disposizione era ricavabile dai principi generali; ma fu ripristinato dalla Camera, nella seduta del 10 settembre 1981 della IV commissione, sempre con la previsione del cumulo giuridico per il concorso formale di illeciti. In tale testo e' stato emanato l'art. 8 della legge n. 689 del 1981. Il cumulo giuridico per la continuazione fu introdotto dall'art. 1-sexies della legge 31 gennaio 1986 n. 11, di conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 1985 n. 688 recante misure urgenti, tra l'altro, in materia previdenziale, nel quadro della lotta all'evasione contributiva, allo scopo di evitare una pesantezza delle sanzioni che avrebbe potuto scoraggiare gli evasori a mettersi in regola (seduta della Camera del 24 gennaio 1986). Ne e' risultato l'attuale secondo comma dell'art. 8, secondo cui «Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma» (per il concorso formale) « soggiace anche chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, piu' violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.»; e la limitazione e' dovuta a null'altro che alla circostanza che la normativa in esame atteneva alla materia previdenziale, senza nessuna riconsiderazione del sistema sanzionatorio generale. Cosi' ricostruito il quadro normativo, la Sezione si prospetta il dubbio che la limitazione, cosi' introdotta, della continuazione alle sole violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie crei un'irrazionale disparita' di trattamento, tra chi appunto commetta violazioni in materia previdenziale e assistenziale e chi commetta illeciti amministrativi in altre materie. Non si dubita che rientri nella discrezionalita' del legislatore prevedere in un sistema sanzionatorio l'uno o l'altro trattamento del concorso d'illeciti, e prevedere il cumulo giuridico delle sanzioni per il solo concorso formale e non anche per l'illecito continuato o viceversa (per quanto la mancata previsione della continuazione gia' nel testo originario della legge n. 689 del 1981 sembri essere stata piuttosto casuale che voluta); e neppure che il legislatore possa sottrarre al beneficio del cumulo giuridico, assoggettandole al cumulo materiale, le sanzioni per violazioni attinenti a una determinata materia nella quale ritenga sussistenti ragioni per usare un particolare rigore. La questione piu' specifica e' se il legislatore possa, introducendo in una legge recante la disciplina generale sulla repressione degl'illeciti amministrativi, con una legge settoriale, un istituto parimenti generale di mitigazione delle sanzioni qual e' la continuazione, limitarlo alla sola materia considerata dalla legge settoriale, cosi' immotivatamente escludendolo da tutte le altre; tanto piu' che la continuazione, come istituto di mitigazione delle sanzioni appunto, in linea di principio e salvo ragionevoli eccezioni e' valido per la generalita' delle leggi repressive. Il caso in esame e' emblematico della questione che si solleva, perche' l'Autorita' disciplinare, pur fissando nel minimo la sanzione-base, e' pervenuta a una sanzione complessiva di 108.000 euro, che rappresenta il minimo per il concorso materiale (il massimo sarebbe stato di 1.080.000 euro); o, se si vuole, ha dovuto fissare nel minimo la sanzione-base per contenere il cumulo materiale, il quale in ogni caso sarebbe cresciuto a dismisura e senza limite se solo l'accertamento fosse avvenuto in una data successiva. La Sezione non ignora che la Corte costituzionale con due ordinanze, 27 luglio 1989 n. 468 e 19 gennaio 1995 n. 23, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione sopra prospettata, sul rilievo che la discrezionalita' del legislatore preclude un intervento additivo «nel configurare il concorso tra violazioni omogenee, o anche tra violazioni eterogenee, nonche' (e soprattutto) nel predisporre un'idonea disciplina organizzativa in ordine all'accertamento ed alla contestazione della continuazione»; e nondimeno si auspica una riconsiderazione della questione alla luce delle argomentazioni sopra svolte; da un lato considerando che non sembra essersi trattato di discrezionalita', quale potrebbe esservi nel sottrarre una determinata materia alla disciplina generale della continuazione, quanto piuttosto di casualita' dovuta ad un intervento settoriale; dall'altro non comprendendosi il richiamo, contenuto nelle suddette ordinanze, alla necessita' di una disciplina organizzativa in ordine all'accertamento e alla contestazione della continuazione.